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INTERVISTA A CLAUDIA SALVATORI

Scrittrice noir dall’anima gentile.


Io e il Direttore di G.A.Z l’abbiamo rincorsa un freddo sabato mattina alla libreria Mursia di Milano durante la presentazione dell’antologia Il mio vizio è una stanza chiusa, contenente uno dei suoi racconti. Con lei l’amico scrittore Andrea Carlo Cappi e l’inseparabile marito Max. Un bicchierino di vino, due chiacchiere tanto per rompere il ghiaccio, e via in redazione per l’intervista!
Claudia Salvatori è una donna e scrive romanzi thriller e noir. Lo so, non c’è nulla di male ma la cosa mi stupisce perché più la guardo e più mi sembra una persona… dolce! Lo è. E allora chissà perchè m’immaginavo una persona “macabra”? Sarà per via di ciò che scrive?


Cominciamo con la più classica delle domande: coma nasce la tua passione per la scrittura, soprattutto per quella noir?
«Bèh, mi costringi ad andare veramente molto, molto indietro nel tempo perché la scrittura è un vizio (vedi “Il mio vizio è una stanza chiusa”) e credo che si nasca con questo tipo di “sfasamento” rispetto alla realtà; fondamentalmente agli “scrittori di razza” il mondo così com’è non piace per cui cercano di correggerlo scrivendo. É più che altro un fattore genetico.
Personalmente ho cominciato intorno ai tredici anni e la dedizione alla scrittura è stata diretta conseguenza delle mie letture precoci. Infatti, uno dei primi sintomi del grafomane è la smania di leggere, ma ciò non fa automaticamente diventare degli autori professionisti! E qui l’argomentazione si complica e potremmo discuterne per giorni; più semplicemente ti dico che in Italia essere degli scrittori veri, con la “S” maiuscola, è talmente raro da non fare né sindacato, né categoria, tantomeno statistica».

Ti piace di più scrivere libri o scrivere per il cinema?
«Mi piace tutto. In realtà finora ho avuto una sola esperienza con il cinema e mi piacerebbe poter ricominciare. Tuttavia oggi come oggi non coltivo l’illusione o il desiderio di scrivere per il cinema italiano dal momento che non vedo le premesse per poter creare qualche cosa di libero e di veramente nuovo. Al contrario, in questo particolare ciclo della mia vita professionale, redigendo libri ho molta libertà e posso scatenare tutto il teatrino del mio immaginario».

Tra i libri e i racconti che hai scritto quale è il tuo preferito, il personaggio che più di tutti ti ha scosso emotivamente, in cui ti sei immedesimata e perché?
«Direi tutti e nessuno. E questo perché ogni volta che ricomincio a scrivere sono sempre io che mi divido tra i personaggi del romanzo, sceneggiando spesso i miei confitti interiori. Ad ogni soggetto presto parti della mia infanzia (qualcuno, non ricordo chi, ha detto che “scrivere è parlare dell’infanzia”!)… in ciascun testo racconto qualcosa di diverso che, a ben guardare, di diverso ha ben poco; del resto, sono tutte vite che avrei potuto vivere, identità che avrei potuto avere. Quelli che forse mi hanno coinvolto di più sono i libri che ho scritto negli ultimi tre anni, ma non sono ancora usciti e non posso parlarne!».

Come fa una donna a interfacciarsi con il “male”?
«Se mi fai questa domanda vuol dire che dimentichi il famigerato masochismo femminile che altro non è che la versione “in rosa” del tradizionale immaginario sadico maschile. Ed è forse proprio questo masochismo che permette a noi donne di veicolare il male ancora più in profondità perché diventa un male goduto, un male subito. Le appartenenti al gentil sesso, poi, hanno più di una reazione rispetto al male e la maggior parte di loro preferisce negarlo trasformandolo in disprezzo, non verso chi il male lo commette, ma verso chi ne parla. Perciò di frequente il rapporto tra una donna che scrive in generale – quindi non solo thriller – e la quasi totalità delle altre donne è affetto da pregiudizio: la scrittrice è già colei che fa del male, essendo un male la scrittura stessa, intesa come trasgressione, violazione di quello che è il tradizionale ruolo femminile».

E tutto questo come si traduce nel tuo quotidiano? Questo modo di vivere borderline come si concilia con l’essere moglie, amica… insomma, con ciò che per molti è la normalità?
«Effettivamente la mia vita è complicatissima! Cerco comunque di mantenere un forte equilibrio mentale in modo da poter gestire diverse realtà. Vedi, l’esistenza di chi scrive è schizzoide e, ad esempio, esiste una personalità per andare a fare la spesa al supermercato, una per i parenti, per la famiglia, una per i vicini di casa e una professionale per i colleghi, la stampa, etc... è un continuo entrare e uscire da ruoli differenti e bisogna essere bravi a riportare meno danni psichici possibili!».

Quali di queste vite preferisci? Oltre a quella della scrittrice, s’intende!
«E sì, la vita della scrittrice comporta l’essere chiusa in una stanza per diverse ore al giorno con entità e situazioni che non esistono, in un continuo andirivieni di fantasia e concretezza. Poi ci sono gli sguardi della gente e l’immagine che gli altri si fanno, prima della ragazza, successivamente della donna di mezza età, della nipote, della parente... sono ritratti che il più delle volte hanno poco a che fare con l’idea che io di me stessa o che nell’ ambiente professionale hanno di me. Quale Claudia prediligo? Mi spiace, è un segreto!».

Il tuo pubblico è più femminile o maschile?
«Il mio pubblico non lo conosco. Non ho la possibilità di monitorarlo dal momento che vado in giro pochissimo, soprattutto negli ultimi anni, dopo il boom di scrittori e poeti che c’è stato, tutti vanno in tournée promozionali. Io evito. Quando mi capita di conoscere qualcuno dei miei lettori scopro che sono delle persone intelligenti, che mi piacciono e che vorrei avere come amici. Ma questo mi capita molto di rado perché, ribadisco, non esco tanto».

Utilizzi i social network, sei su facebook o altro?
«Sì, adesso sì. Anche se la mia idea di fondo è che uno scrittore debba esistere il meno possibile come figura pubblica e non debba dire a nessuno che mestiere fa, ai parenti meno che mai!!».

Perché proprio ai parenti?
«Alle persone che fanno parte della tua vita di tutti i giorni non si dovrebbe mai confessare che si scrive, specialmente se si è agli inizi della carriera. Il motivo è banale: ti considerano un deficiente! E se pure comincia a uscire qualche tuo libro, loro continueranno a credere che quello dello scrittore non è un lavoro per una persona seria!».

Siamo andati in giro per le librerie di Milano a cercare qualcuno dei tuoi libri… ma perché non si trovano?
«È semplice: i miei libri, quelli usciti negli anni ’90, sono andati al macero e non si troveranno mai se non alle bancarelle o al Libraccio. E questo per un libro è normale che succeda. Ad ogni modo non li troverete mai perché, tra quelli di vent’anni fa ed i due contratti che ho adesso con Mondadori per due libri che usciranno rispettivamente nel 2010 e 2011, ci sono state solo due uscite di Alacran – che oggi sono solo “ordinabili” – e la produzione Mondadori per le edicole, la quale però è disponibile per un mese e poi non è più in commercio».

E al contrario dei lettori i colleghi li frequenti?
«Sì, soprattutto quelli che hanno iniziato più o meno contemporaneamente a me. Conosco Pinketts che ha anche scritto la prefazione di un mio libro…»

… a proposito, raccontaci del vostro famoso litigio per il Premio Tedeschi ’85!
«In realtà è un vecchio tormentone! Ad ogni modo, partecipavamo entrambi al concorso ed io lo vinsi. All’epoca non conoscevo ancora Pinketts né sapevo della sua partecipazione al concorso. Quando lo conobbi, nel 1994, lui esordì dicendomi : “io ti odio, quel premio dovevo vincerlo io!”. Ora ci amiamo, naturalmente, siamo molto amici e questa cosa è diventata un po’ la nostra scenetta comica che si ripete ogni volta che siamo insieme a qualche presentazione. Sembriamo una coppia di cabarettisti! Quando poi un editore di Genova volle far ristampare il libro con cui avevo vinto il Premio Tedeschi nel 1985 ho subito pensato: “la prefazione è un lavoro per Andrea” e lui accettò di scriverla».

Quando scrivi? Hai degli orari stabiliti, dei luoghi particolari?
«Sono una scrittrice da camera chiusa. Mi è capitato di scrivere a mano nelle biblioteche, isolandomi completamente al mondo esterno. Ho degli orari ma sono molto variabili».

C’è qualche altro scrittore, oltre te, che consigli ai nostri lettori?
«Tanti, troppi. Li ho elencati tutti nel mio profilo su facebook! Consiglio di visitare quello!».
Ma uno dei suoi libri ve lo consigliamo noi. Uscirà a febbraio: è Il mago e l’imperatrice - Il volto nascosto di Messalina, della catena Il romanzo di Roma edita da Mondadori e curata da Valerio Massimo Manfredi.

(intervista di Antonia Opipari)

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ABEL
Mondadori Epix
Il luogo: un’Europa un po’ America, un po’ museo e un po’ Terzo Mondo. Il tempo: un futuro che è già cominciato e che è popolato di mostri… o forse no! Dopo un’intera storia di stragi di innocenti, l’umanità sembra aver finalmente superato la paura della diversità: i mostri, da sempre nel sottosuolo, ora sono fra noi. In questo gigantesco hinterland metaurbano di nebbie inquinanti e personalità bordeline, tra possibile e impossibile, tra umani e non umani, si muove Abel, re degli zombi. Al suo fianco, una piccola zombi adottata da una coppia di umani. Nessuno è mai tornato dalla grande tenebra in così tenera età. Indagandone il perché, Abel viene risucchiato in un intrigo mostruoso (e forse fin troppo umano). Tra omicidi nell’ombra e rivelazioni crudeli, il protagonista sarà costretto ad affrontare il cuore di tenebra che cela le sue stesse origini. Tutta la strada fino all’enigma terminale: umano, zombi o entrambi?

 

 

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Lo scrittore dai molteplici volti

 

 

 

 

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