LAMBORGHINI


Milano Ore 08:00 - il team di G.a.z Magazine parte alla volta del Museo Lamborghini nei pressi di Cento, in provincia di Ferrara.

 

 

Tra campagne e strade di provincia, arriviamo ad una piccola frazione denominata Dosso, che ancora oggi trasuda storia tra semplicità, genuinità e sapori di un tempo.
Dopo un piatto di fettuccine all’uovo home-made gustate in una trattoria tipica del paese che espone in bella mostra raffigurazioni dei modelli storici targati Lamborghini Automobili, ci rechiamo al Museo accompagnati dal suo Direttore nonché nipote di Ferruccio, il Sig. Fabio Lamborghini.
Pochi minuti ed arriviamo a destinazione. Ci troviamo davanti ad un’enorme struttura avveniristica, simile alle navicelle spaziali dei supereroi del passato o degli extraterrestri del futuro.
Tra vetrate luminose, portoni alti tre metri e finestre ad oblò, il Direttore ripercorre la storia delle invenzioni Lamborghini, dalle macchine agricole economiche degli anni ’60, agli impianti di condizionamento, sino ai pluripremiati e potentissimi motori nautici per concludere con le prestigiose automobili, culto del genio automobilistico affermato internazionalmente.
Ed è davanti ad un caffè griffato, “ Il caffè Lamborghini” appunto, che inizia la nostra intervista.

 

Il gruppo industriale Lamborghini deriva dalla fabbrica di trattori agricoli costituita nel  1963 da Ferruccio Lamborghini, certamente sinonimo di grande creatività ed inventiva.  Lei crede che ai giorni nostri in Italia sia ancora possibile attuare una tale impresa?
(sospiro) Certamente oggi  è molto più complicato riuscire ad attuare tali imprese, però credo siano ancora realizzabili, nonostante le difficoltà siano forse maggiori.

Secondo Lei quali caratteristiche dovrebbe avere un uomo per conseguire un riconoscimento pari a quello ottenuto da Ferruccio Lamborghini, non solo socio culturale ma anche di management, in Italia e all’estero?
Ferruccio Lamborghini era un imprenditore a tutto tondo ma è anche vero che come Lui non ce ne sono stati molti.
Aveva capacità tecniche, sapeva muoversi nel business e coglieva in anticipo le esigenze del mercato. Era in grado di scegliere i propri collaboratori, persone  di talento in grado di sviluppare i suoi input.
Sapeva delegare e dar fiducia, soprattutto ai giovani, quelli ancora sconosciuti al mercato ma ricchi di talento. Molti di questi sono diventati “qualcuno” grazie a Lui.
E’ stato una sorta di talent scout. L’Ingegnere Dallara, per citarne uno, non ancora trentenne entrò a far parte del team Lamborghini. Quando finì la collaborazione con Ferruccio si mise in proprio e realizzò progetti  importanti. Oggi, nel campo automobilistico, è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.

Al tempo di Lamborghini non esistevano tutti questi percorsi di studio in cui si studia, dal marketing aziendale alle strategie di management industriale. Si può quindi affermare che Ferruccio fosse un vero e proprio talento naturale?

Era un venditore nato ed un appassionato di motori, spesso da ragazzino invece di uscire a giocare con gli amici, si rinchiudeva nella sua piccola officina ricavata da uno spazio all’interno della stalla, per creare e costruire di tutto, voleva addirittura realizzare il moto perpetuo; non l’aveva inventato ancora nessuno, ma in qualche modo Lui gli si avvicinò, perché riuscì per mezzo dei molloni a costruire una bicicletta che con tre pedalate faceva 7/8 km.
Era creativo, geniale, ma ha sacrificato molto del suo tempo adolescenziale per mettere in atto idee ed invenzioni . Il suo maestro, incuriosito dall’infaticabile ragazzino, un pomeriggio andò a trovarlo in officina e dopo averlo visto cimentarsi con tanta passione e dedizione, chiese a Ferruccio di uscire un attimo, prese un carboncino e scrisse sul muro :
 ”E se lavorerai di buona voglia il frutto arriverà dopo la foglia”
Una frase che troviamo ancora qui all’interno del Museo Lamborghini, e che Ferruccio perseguì fino alla fine dei suoi giorni. E’ un’ottima massima. Senza passione ed impegno nella vita si può fare ben poco.

Nel testo “Diventerò  Lamborghini “, evoluzione del precedente “Onora il padre e la madre”, scritto di suo pugno da Tonino Lamborghini, sono inserite date esatte e tutte le verità relative alla vita e alle imprese di Ferruccio Lamborghini. Una fra tutte, nel  1965, si cimentò nel settore elicotteristico realizzando un eccezionale prototipo a suo spese, ma il governo italiano non concesse i permessi per la realizzazione del progetto, è corretto?
Purtroppo è così. Il governo italiano acquistò l’azienda Agusta e per non crearsi concorrenti sul mercato, creò un monopolio, nonostante il suo mezzo fosse stato omologato e perfettamente funzionante. Ferruccio possedeva già allora delle novità tecnologiche: un quattro posti spazioso, maneggevole per l’epoca, già avanguardista e rigorosamente giallo, il suo colore preferito. 
Quel monopolio fu stato un “no” non solo  per lui che fu il primo, ma anche per altri imprenditori che si proposero successivamente.


 

Una famiglia molto unita. E’ stato importante per Ferruccio Lamborghini  l’affiatamento familiare per la riuscita delle sue imprese?
La famiglia è stata importante, non dico determinante, Ferruccio ci sarebbe riuscito comunque data la sua caparbietà, ma, il fatto di avere una famiglia unita che lo supportava e credeva in lui è stato di fondamentale supporto e sostegno.
Ferruccio era il più grande di quattro fratelli. Se è vero che il padre diede molta fiducia al figlio maggiore, è altrettanto vero che i tre fratelli l’hanno seguito e sono rimasti volutamente nell’ombra mediatica pur essendo persone capaci, permettendogli di girare il mondo per visitare nuove realtà prendendo spunti ed idee.
Il primo investimento da cui partì tutto fu merito del  padre di Ferruccio che, con grande audacia, rischiò i suoi beni in favore del figlio, acquistando i motori Morris.
Questo sta a sottolineare quanto l’amore e l’unione della famiglia ti dia quel quid di forza e convinzione in più che fa la differenza.

Secondo lei qual è la punta di diamante del vostro museo?
E’ il mondo che sceglie ma tutte meritano di essere citate perché ognuna racchiude una tecnologia innovativa.
Nel  1963 i primi modelli 350 e 400 GT,  cambiavano i canoni della motorizzazione.
Lamborghini era stato proprietario di alcuni modelli Ferrari che a suo avviso avevano problemi  con la frizione. Innestò quindi su una delle sue Ferrari, la frizione presa da un suo trattore degli anni ’60, ottenendo prestazioni migliori.  Fu allora che si recò  dal Sig. Ferrari per metterlo a conoscenza del fatto, ma questi non la prese bene e lo congedò affermando che sarebbe stato in grado solo di realizzare trattori agricoli ma non automobili.
Ferruccio si sentì ferito nell’orgoglio e questa fu la molla che lo convinse a realizzare modelli automobilistici di grande potenza e d’avanguardia estrema. Ferruccio voleva shoccare il mondo con un prodotto innovativo e geniale, voleva far sapere al mondo che  era in grado di creare modelli automobilistici innovativi e potentissimi.
Con la Miura nel 1966 Lamborghini stravolse il mondo del granturismo con questo stile unico capace di prestazioni eccezionali.
A quel punto decise di cambiare il logo LFC che non poteva certo sostenere il confronto con il cavallino Ferrari e scelse l'immagine del toro, suo segno zodiacale e simbolo di massima potenza, un toro da combattimento, non uno qualunque, bensì il toro da Corrida, il Miura.
Si recò spesso nell’entroterra di Siviglia dall' allevatore Edoardo Miura; qui al Museo Lamborghini abbiamo tutte le foto dei suoi viaggi in Spagna (dove tutt’oggi allevano i Tori da Corrida) con l’amico Edoardo.

E’ esistita una Musa, una donna in particolare nella vita di Ferruccio Lamborghini che ha ispirato questo design creativo avveniristico dalle forme femminili per così dire colorate e vivaci?
Il design nasceva dal lavoro di squadra con la sua equipe. Lui dava gli input ma lasciava libero spazio ai creativi. Lo spiccato senso estetico, la capacità di innovazione e l’accuratezza nell’affiancarsi a specialisti notevoli del settore, come Bertone con il quale nacque un meraviglioso sodalizio, facevano il resto.
La prima moglie morì molto giovane, la seconda moglie Anita, donna capace e di carattere, divenne amministratrice della Lamborghini Trattori.
La sorella, non ha mai voluto entrare in azienda e forse, lo dico come battuta, per questo è l’unica ancora in vita. Il Mondo Lamborghini visto dall'esterno sembra, per i grandi successi, tutta "rose e viole", ma ci sono stati anche molti pensieri e grattacapi.

Quali tra queste problematiche ricorda con più trasporto?
La problematica più grave fu quando nei primi anni ‘70 la Bolivia rinunciò a una commessa di 5.000 trattori ordinati a Ferruccio. Ultimati e già pronti per  la spedizione,  accadde una disgrazia: cadde l’elicottero del Presidente della Bolivia.  Il successore, nominato dopo la sua morte, rinunciò al ritiro dell'intera ordinazione. Il mancato realizzo di una commessa di tale portata rischiava di portare in negativo cifre colossali con il probabile fallimento di tutto il gruppo. Ferruccio dovette quindi cedere con enorme sofferenza l’Azienda più appetibile della sua scuderia, ovvero l’amata Lamborghini Automobili per dare ossigeno al gruppo di famiglia e poter pagare fornitori e dipendenti.
In una prima trance fu ceduta per un 49% allo svizzero Rossetti nel 1973, mentre una seconda trance andò alla svizzera Hammer per un 51%. Numerosi  furono i passaggi di mano dai francesi, i fratelli Mirram, alla Krysler che la cedette purtroppo agli indonesiani.
Dopo alcuni anni nel 1998 venne acquisita da Audi del gruppo Wolkswagen e finalmente le auto Lamborghini tornarono ai fasti di un tempo.  Si può francamente dire che il lavoro creato da Ferruccio Lamborghini è oggi custodito in ottime mani. E questo non può che procurarci gioia.

Ma dopo questa importante cessione la creatività che scorre nel DNA della Famiglia Lamborghini, ha continuato a vivere?

Sì. Con il figlio Tonino, il design Lamborghini ha continuato a vivere grazie al marchio omonimo “Tonino Lamborghini” che negli anni ’80 si è meravigliosamente messo in gioco nel settore degli accessori di Lusso e non solo:  dall’abbigliamento all’arredamento ha riscosso successi internazionali, ed è noto che il marchio Lamborghini è molto più apprezzato all’estero che in Italia. Tramite il Museo Lamborghini vogliamo ricordare ai giovani, a studenti  italiani ed esteri quella che è stata l’origine e la storia di Ferruccio Lamborghini.

Al Moma arriva la Miura, l’aperitivo Lamborghini si beve anche ad Honk kong, ma perché l’eccellenza italiana arriva sempre prima nel mondo che in Italia, a suo giudizio? Sembra quasi che si faccia prima a diventar famosi nel mondo che a casa nostra?
Gli italiani sono esterofili, considerano migliore il prodotto estero, anche nel turismo l’italiano sceglie quasi sempre la vacanza oltre confine, per molti sembra che il mondo sia più bello di quello che abbiamo qui, forse ha poca fiducia del prodotto fatto in casa e nelle istituzioni.
All’estero ci sono più opportunità, retribuzioni migliori, i giovani hanno maggiori motivazioni per finalizzare i loro sogni e progetti; parliamo da anni di questa nuova fuga, la cosiddetta fuga dei cervelli, perché è palese ormai che se vuoi riuscire a realizzare dei progetti, in Italia ci sono troppi limiti. Iniziando dai potenti bisognerebbe cambiare tante cose.
Bartali lo diceva allora e oggi lo affermerebbe ancora più arrabbiato:  “l’è tutto da rifare!”.

Cosa vorrebbe dire ai lettori di G.a.z Magazine relativamente al vostro Museo?
Venite a trovarci perché  quella di Ferruccio è una storia bella, stimolante e significativa che dimostra quanto tre semplici parole - studio, impegno e sacrificio - possono donare ai giovani grandi e ambiziosi traguardi .
Il nostro è un museo per  appassionati,  ma non solo. Un’ annessa sala congressi  con 150 posti a sedere lo rende efficace per conferenze, presentazioni ed eventi.
La struttura architettonica  esterna dal vezzo futuristico, la ricchezza storica e il patrimonio creativo al suo interno, rendono il museo Lamborghini appetibile a grandi e piccoli, uomini o donne che siano, anche perché, oggi come oggi, capita che… di motori, molte donne ne sappiano molto più degli uomini!
...E potevamo forse, lasciare il Museo Lamborghini, senza aver impugnato e stretto il volante di una Miura? No, impossibile rinunciarci!

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